Perchè i fisioterapisti comprano dispositivi inutili che al paziente non serviranno ? Questione di bias cognitivi

Perchè i fisioterapisti comprano dispositivi inutili che al paziente non serviranno ? Questione di bias cognitivi

3 Aprile 2020 Senza categoria 0

Canva - Person's Green Eye

Quello che mi ha da sempre affascinato, del mondo della fisioterapia, è l’illogicità del sistema italiano che persevera in modelli di trattamento inefficaci, inappropriati e obsoleti senza adottare alcun pensiero critico.

E’ bizzarro osservare fisioterapisti che deridono omeopati, osteopati e personaggi che erogano prestazioni inutili e discutibili, quando poi sono loro in primis ad adottare dispositivi che non hanno dimostrato alcuna efficacia, in ricerche clinicamente affidabili e significative.

D’altra parte mi rendo conto che i tirocinanti vengono plasmati in aziende ospedaliere, dove il pensiero critico non è incoraggiato e l’autorità di tutor e docenti disciplina ogni aspetto della loro vita quotidiana: da quante volte devono pulirsi il naso a cosa sia giusto pensare e fare; per cui è poi molto facile esportare modelli che, oltre ad essere scientificamente inefficaci, possono poi funzionare solo per una realtà aziendale medio grande, come un ospedale o un poliambulatorio, dal punto di vista finanziario (solo forse da quel punto di vista).

Io stesso, quando ho avviato la mia attività privata presso Fisio@RT, sono stato convinto a farmi appiccicare (su una delle vetrine) la “declinazione” di tutte le forme di strumentale che avrei poi dovuto comprare ed erogare nel mio studio (non uso il condizionale a caso) e attualmente sto ancora cercando una soluzione economica per coprire quelle scritte che deturpano la sacralità della fisioterapia seria.

Ho intervistato nel tempo vari colleghi ai corsi a cui ho partecipato, in giro per l’Italia, per poter capire perchè comprassero macchinette dalla dubbia efficacia. Ho fatto queste domande su dispositivi specifici (che per proteggermi giuridicamente preferisco non nominare) ai corsi a Mestre, Pescara, Bari, Napoli, Foggia. Le ho poste a docenti ed allievi per capire cosa passasse per la loro testa tracciando poi dei principi che li spingevano a comprarli.

Le risposte più comuni che mi hanno dato e le mie riflessioni (spesso inespresse dal vivo) le pubblico oggi qui, con la speranza di aiutare qualche neo-laureato a non bruciare patrimoni in aria fritta e con la certezza che a poco servirà questo mio sforzo.

Elencherò quindi qui di seguito i principi che li hanno mossi nella direzione dell’acquisto di dispositivi e le mie riflessioni contro-intuitive.

  • Principio 1 o principio dell’autorità : “La prescrivono gli specialisti in ortopedia o i medici fisiatri, quindi a qualcosa serviranno”. 

Le mie riflessioni al principio 1. Gli specialisti ortopedici e fisiatri conoscono la fisioterapia e la riabilitazione tanto quanto noi conosciamo le loro discipline, davvero poco. Molti specialisti inoltre non prescrivono (paradossalmente) trattamenti fisioterapici basati sulla medicina delle prove di efficacia (E.B.M) perchè non hanno neanche le abilità minime per consultare le ricerche affidabili sul motore di ricerca Pubmed, abilità che mancano del resto spesso anche alla classe fisioterapica.

  • Principio 2 o principio della competizione economica: “Tutti i miei colleghi hanno la macchinetta X (non cito dispositivi per non essere querelato). Se ne deduce che se non la compro i pazienti andranno dai miei colleghi a farsi il trattamento prescritto.”

Le mie riflessioni al principio della competizione. Esporsi finanziariamente per decine di migliaia di euro, per intercettare pazienti demotivati che si fanno il giro della città a caccia del miglior preventivo, non è una scelta molto saggia. Si dovranno abbassare sempre di più i prezzi (annullando i profitti) per accaparrarsi clienti sempre più demotivati, che poi cambieranno studio non appena percepiranno l’opportunità di uno sconto. Combattere sui prezzi è una cosa stupida: c’è sempre qualcuno che ha il prezzo più basso del nostro e questo è di solito il competitor che si è lanciato prima nel mondo delle macchinette e che quindi ha volumi così alti da potersi permettere di abbassare a tal punto i prezzi da mandare in bancarotta tutti gli altri competitor. Inoltre una macchina ha dei costi di manutenzione e conduzione che in 5 anni ammontano al 20% del suo prezzo iniziale. E se investissi quei soldi in formazione? E’ vero anche che molte manovre e prcedure che ci insegnano vengono poi screditate in studi successivi, ma la preparazione e la professionalità acquisite sono qualità che raramente i pazienti disdegnano quando hanno un problema reale che va risolto.

  • Principio 3 o principio di emulazione. “Quasi tutti i miei colleghi hanno quella macchinetta, mica possono essere tutti scemi”

La mia Riflessione al principio 3. Tutti si sono buttati nell’immobiliare negli anni 90, tutti si sono sposati senza contratti prematrimoniali, tutti sono entrati nei piramidoni e nei sistemi Ponzi, tutti si suicidano ogni giorno se trovano un buon motivo per farlo o qualche santone che gli garantisca un premio. Vuoi essere il prossimo ? Se 1 milione di persone fa una cosa stupida quella cosa non diventa automaticamente intelligente (dice qualcuno). Ogni cosa va esaminata con cura dal punto di vista scientifico, giuridico, finanziario e organizzativo prima di adottarla, ammesso che sia efficace.

  • Principio 4 o principio del costo-valore-efficacia: “Il dispositivo X costa tantissimo non può essere inefficace o non di valore se costa così tanto”

La mia riflessione al principio 4: Il valore di uno strumento non è dato dal suo costo ma dalla capacità di risolvere un problema. Il prezzo delle apparecchiature di terapia strumentale è correlato alle spese giuridiche per l’approvazione CE della strumentazione e al costo vivo delle tecnologie utilizzate sommato alle spese di marketing e allo stipendio degli agenti di vendita dell’azienda produttrice, non al valore intrinseco di risoluzione del disturbo che offrono…
In tal senso una sedia e un materassino possono valere più di una macchinetta per un paziente con mal di schiena, se le sfrutti bene in fisioterapia e se hai le competenze per sfruttarle.

  • Principio 5 o principio del modello socio-culturale. “In Italia si è sempre lavorato così e i pazienti richiedono i trattamenti prescritti, se cambio le regole del gioco non avrò clienti nel mio studio.”

La mia riflessione al principio 5. Certamente in Italia si è sempre fatto così, come del resto in molti Paesi del mondo la schiavitù o la segregazione razziale erano fenomeni piuttosto comuni, fino a quando qualcuno non ha iniziato a scuotere il sistema dalle fondamenta. Il miglioramento di una situazione richiede un’azione sinergica nel tempo e in Italia abbiamo anche i presupposti giuridici (noi fisioterapisti) per effettuare questo cambiamento di mentalità, in quanto siamo autonomi professionalmente e non tenuti ad erogare ciò che prescrive il medico, almeno nell’ambito dei nostri studi privati. La preoccupazione del non avere clienti è ingiustificata, in quanto ogni tipologia di business serve differenti tipologie di clienti. Scegliere una tipologia di business paziente-centrico e orientata alle prove di efficacia, può offrire l’opportunità di risolvere velocemente i disturbi del paziente servendolo con le prove di efficacia disponibili; d’altra parte precluderà l’accesso a tutti quei pazienti orientati al prodotto macchinetta. Qui il problema non è neanche più se lavorerai ma con quale paziente vorresti lavorare e perchè? Io preferisco lavorare con pazienti altamente motivati, attivi e desiderosi di migliorarsi.

  • Principio 6 o principio dell’ampliamento delle competenze. Con le macchinette posso approcciare un’ampia gamma di disturbi che non saprei approcciare senza. 

La mia riflessione: le competenze si acquisiscono sbattendo con la testa contro i problemi pressanti che i pazienti ci presentano e con i corsi, non premendo un bottone con l’illusione che il software del dispositivo provvederà a colmare le nostre lacune. Chi ragiona in questi termini spesso ignora che le ricerche non sono così clementi con la presunta efficacia dei dispositivi nell’ampia rosa di diturbi che promettono di curare. Quando il paziente non risolve il problema non lo risolve a prescindere dalle promesse del programma o dalla prescrizione autorevole del medico. Le competenze si ampliano attraverso esperienze e corsi formativi non con la macchinetta.

  • Principio 7 o principio del valore aggiunto. So bene che le macchinette non servono ma faccio percepire più valore alla prestazione aggiungendoci l’erogazione di strumentale e facendomi pagare di più.

La mia riflessione: in questo modo si confonde solo il paziente, che potrebbe attribuire i benefici delle sedute al dispositivo e non alle competenze professionali del fisioterapista, facendo poi di conseguenza pubblicità al dispositivo nel passaparola. Inoltre questo principio fa passare i pazienti per idioti, quando sanno discernere molto bene se la persona che li sta seguendo è un esperto o un Azzeccagarbugli.  Inoltre, in fisioterapia, spesso di meno è meglio anche per il fisioterapista, che deve capire clinicamente cosa è efficace e cosa no e, se non si hanno a disposizione grosse cifre per procedere in sperimentazioni controllate randomizzate, si ha una sola possibilità: agire su un input alla volta e valutare gli outcome e cioè i risultati, per provare ad ipotizzare cosa sia efficace e cosa no, in termini di manovre ed esercizi (alla luce dei fattori di confondimento). Di meno è meglio anche per testare il proprio business; di meno non è detto che costi di meno. Del resto questo dovrebbe essere noto a chi compra dispositivi di strumentale: produrre una luce laser  estremamente focalizzata costa molto di più di una lampadina generica che disperde la propria luce. Allo stesso modo un professionista estremamente preparato è normale che costi di più.

Raffaele Tafanelli, Fisioterapista iscritto all’ordine

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